Questo dipinto di Giovanni Segantini del 1889 riflette in maniera molto viva il mio orientamento clinico.
Il quadro raffigura il tema della maternità. Una giovane domestica sta seduta su uno sgabello nella stalla, tenendo tra le braccia il suo bambino addormentato; reclina il capo cedendo alla sonnolenza. Vicinissima a lei si vede una mucca ai cui piedi giace un vitellino. Una lanterna appesa getta una luce smorzata, rossastra, sul bimbo addormentato, sulle fasce che lo avvolgono, sul viso e le mani della madre assonnata, sui fianchi e le mammelle della mucca nella mangiatoia. Una quiete solenne regna sul gruppo.
Mi piace soffermarmi non tanto sul parallelismo tra una maternità umana e una maternità animale, piuttosto sul fatto che entrambe le madri sembrino dimentiche del loro piccolo, come a significare che la loro parte nel ciclo eterno si compie quasi a loro insaputa.
Sembra che si siano accordati per riposare e non ci è dato sapere se la mamma dorme perché il bambino si è addormentato o se il bambino si è addormentato per consentire alla sua mamma di riposare.
Mi sono interrogata su cosa abbia spinto Segantini a ritrarre una madre e un bambino che dormono distaccandosi dalle classiche raffigurazioni di madri che vegliano, coccolano o allattano i propri figli, regalandoci un’immagine che vivo come pregna di autenticità.
L’avvenimento più carico di conseguenze nell’infanzia di Segantini fu la prematura morte della madre, descritta nella sua biografia bella non come aurora o meriggio, ma come tramonto di primavera.
Mi soffermo sull’immagine del tramonto. Il tramonto di una giornata, il tramonto di una stagione, il tramonto di una vita e di come madre e figlio concedendosi reciprocamente il riposo vanno incontro alla crescita, al crepuscolo e alla morte. Una maternità percepita non come alba di un nuovo giorno, ma come tramonto.
L’ambiente in cui viviamo è inevitabilmente carente (difficoltà famigliari, sociali, economiche, culturali) e il bambino, anche se vulnerabile, non è completamente indifeso e riesce ad adattarsi e a mandare messaggi in attesa che gli venga restituito il favore. Quanto più l’ambiente è inadeguato tanto più il bambino riuscirà ad adattarsi e questo lo porterà a ricordare non tanto l’esperienza traumatica in quanto tale, piuttosto a rinforzare la strategia che aveva messo in atto per adattarsi ad una particolare situazione di disagio. Questa risposta non solo farà sentire il bambino capace, ma avrà un effetto positivo sull’ambiente stesso che si sentirà esonerato dal mettersi in discussione e correre ai ripari. Questa sensazione positiva coprirà lo stato di malessere, le privazioni e i sacrifici ai quali si è sottoposto al punto da perdere di vista l’impegno investito per adattarsi a un ambiente poco consono.
Il lavoro psicologico è volto a dare voce a quelle sensazioni che, all’interno di dinamiche di contrattazione interpersonale spesso non consapevoli, sono state mandate in sottofondo al punto tale da non essere più riconosciute, come nel caso del neonato che si addormenta per favorire il riposo della madre.
Durante la psicoterapia verrà richiesto alla persona di collaborare attivamente nella ricostruzione della propria storia così da riconoscere le proprie risorse e avviare una conoscenza più profonda di sé e degli altri a partire da situazioni di disagio personale e relazionale.